Alessandro Capezzuoli è un professionista della scelta sbagliata al momento sbagliato. Lo è dal 1973, anno in cui ha deciso di nascere, nonostante la sua parte saggia dicesse “Non farlo, non farlo”. Dopo anni di insuccessi, ha trovato la strada per il suo miglior fallimento: fa lo scrittore a tempo perso e si complica la vita a tempo pieno. Più che camminare lungo il viale dell’esistenza, incespica continuamente tra l’inadeguatezza, le situazioni imbarazzanti che si autoprocura, le tempeste sentimentali che gli capitano e gli avvenimenti improbabili riservati dal destino. Nonostante il passo lento e incerto, sfida spavaldamente gli eventi e le loro combinazioni, noncurante degli epiloghi spesso tragicomici conseguenti a qualsiasi scelta faccia. É un po’ filosofo e un po’ cialtrone, perché fondamentalmente la vita non sembra niente di serio. Se si potesse descrivere con un libro, si potrebbe dire che è sicuramente Furore, o forse La notte di Lisbona, o, ancora, Il teatro di Sabbath, oppure Il sole dei morenti, o, meglio, Oblomov… Stoner, sì, è Stoner… No, con un solo libro non è possibile descriverlo, è meglio provare con la musica… Beh, potrebbe essere Il testamento di Tito, o forse Canzone di notte N.2, o Amore che vieni amore che vai, o, meglio, Coda di Lupo… no, no, è Far finta di essere sani, anzi, no!, è la Locomotiva. Niente da fare, non c’è verso di descriverlo… D’altronde, si può descrivere una persona che si laurea in fisica, ma ama la narrativa, fa il data scientist, ma scrive sceneggiature teatrali, è pigra, ma va in montagna e in barca a vela, scrive storie comiche e saggi filosofici, parla con sicumera di supplì e di pizza, ma ama Nietzsche, Marx e Spinoza? Alessandro è un ossimoro vivente, questa è la verità. Crea dal nulla problemi inesistenti, per il solo gusto di risolverli a colpi di soluzioni sbagliate e trovarsi inevitabilmente coinvolto in situazioni improbabili e grottesche. Si vanta di essere riuscito a trasformare il suo talento naturale in un mestiere: fa “l’errorista” di professione e l’informatico per diletto. È un artista dell’imprevisto e un fine decisionista: quando si tratta di fare le scelte sbagliate al momento giusto o le scelte giuste al momento sbagliato non si tira indietro. Madre natura lo ha dotato di una filosofica ironia: l’unica arma che possiede per ridere di sé, delle convenzioni, dei fallimenti e di chi si prende troppo sul serio. Può parlare dell’equazione di Dirac e della ricetta della carbonara con la stessa disinvoltura, confondendo abilmente l’una con l’altra. Alcune volte si sofferma a riflettere seriamente, così seriamente che, seguendo i suoi pensieri, è impossibile non fermarsi a sorridere e a pensare che i sorrisi, quelli veri, nascondono sempre profonde malinconie. Ha una laurea in fisica, sì, ma non è il caso di prenderla troppo sul serio: i docenti, presi per sfinimento, hanno arrotondato tutti i voti degli esami a 18, perfino i 30, pur di toglierselo di torno. Da molti anni lavora all’Istat e si occupa di dati: lavoro, il peggior modo che un uomo possa trovare per consumare il tempo. Alcuni lo amano, altri lo odiano, altri non sanno cosa fare e passano da uno stato all’altro come lo spin di un elettrone impazzito. È incoerentemente coerente e curiosamente curioso, che non si sa bene cosa significhi, ma lascia un alone di mistero attorno al nodo cruciale della questione: il carattere di merda che si ritrova. Il tempo e la ricerca della bellezza sono la sua ricchezza, per questo li custodisce avaramente e li condivide sempre meno con le persone sbagliate. I libri e la musica sono la sua porta esclusiva verso la libertà e l’infinito: un mondo personale talmente profondo e inaccessibile che impaurisce chiunque si avvicini all’ingresso. Non è facile stargli dietro, è facilissimo stargli davanti ed è quasi impossibile stargli accanto. A volte si sente il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, altre volte il Suonatore Jones che, in una nuvola di polvere, riesce a vede un ballo sbiadito e la gonna della donna amata tanti anni prima, laddove gli altri vedono solo siccità. Ed è proprio l’amore il filo conduttore della sua esistenza, quell’amore che viene e va, in base alle stagioni della vita e che, nonostante le sconfitte, porta sempre qualcosa di prezioso. Quell’amore che va ben oltre le paure, le invidie, la disperazione, la solitudine e la morte. Quell’amore per un ideale, per una città, per la vita, per la libertà. Per l’anarchia. Disgusta il potere, le sue logiche meschine e disprezza qualsiasi uomo desideri sottometterne un altro: per questo vive alla continua ricerca di solitudini, di spazi aperti e di persone realmente libere. Usa qualsiasi mezzo per sfuggire ai doveri imposti, anche perché sa darsi delle regole molto più efficaci di quelle imposte da altri. Cerca la verità e trova bugie. Cerca bugie e trova verità. È vita, questa? Per placare i tormenti della sua anima potrebbe smettere di farsi domande e probabilmente lo farà, prima o poi, quando sarà costretto a lasciare questa terra dolce e malvagia che lo ospita.