Non ci può essere una riforma della pubblica amministrazione senza un cambiamento profondo del sistema di reclutamento e dell’erogazione dei concorsi pubblici. Il modello di reclutamento adottato finora dalle PPAA era tutt’altro che vicino ai cittadini: non esisteva un sistema strutturato per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e i meccanismi per la pubblicazione dei bandi e per la partecipazione ai concorsi erano per lo più basati su processi cartacei digitalizzati maldestramente senza una vera e propria “ristrutturazione digitale”. Il problema che affligge da sempre il sistema pubblico è il “public divide”, una sorta di muro invisibile, costituito da regole, burocrazia e formalismi di diverso tipo, che crea una linea di confine tra la vita reale e la vita all’interno dell’apparato pubblico. Non ci sono vie di mezzo: chi sta da una parte non può stare dall’altra.
Questo divario, in un periodo in cui i cambiamenti si susseguono a ritmi sostenuti, si ripercuote inevitabilmente sul funzionamento della macchina statale. Così, se da una parte i cittadini hanno la vita facile e sono abituati ad acquistare un oggetto con un solo clic, dall’altra vengono sottoposti a vere e proprie prove di abilità (e di pazienza), anche per accedere a dei servizi semplici, che potrebbero essere digitalizzati efficacemente. Il sistema pubblico di reclutamento italiano è sicuramente un ambito in cui c’è molto da fare, per snellire le procedure e rendere i processi di selezione più accessibili. Cosa cambierà, esattamente, con la riforma della PA? Il Decreto reclutamento contiene molte novità, tra le quali il Portale del reclutamento, un progetto risalente a qualche anno fa, che verrà finalmente realizzato nei prossimi mesi.
“Il portale” – spiega il DIpartimento per la Funzione Pubblica – “rappresenterà la porta virtuale unica di accesso alla Pubblica amministrazione sia per i concorsi pubblici ordinari, sia per le procedure di reclutamento straordinarie legate all’attuazione del Pnrr. In un unico spazio, ogni cittadino potrà monitorare i bandi concorsuali delle amministrazioni su una mappa interattiva georeferenziata, registrarsi attraverso Spid, Cie e Carta nazionale dei servizi inserendo il proprio curriculum attraverso un form apposito, inviare la domanda di partecipazione, pagare la tassa attraverso PagoPa e seguire le procedure di selezione dall’avvio alla pubblicazione delle graduatorie finali”.
SI tratta di un progetto molto ambizioso che richiede uno sforzo notevole in termini di collaborazione tra istituzioni e di revisione dei flussi informativi attualmente utilizzati per la gestione dei concorsi e dei fabbisogni di personale. Sarà necessario creare nuovi standard per la raccolta dei dati riguardanti i concorsi pubblici, centralizzare la pianificazione dei fabbisogni triennali e collegare banche dati diverse attraverso un sistema complesso per la cooperazione applicativa. Questo per iniziare. La vera sfida, poi, sarà il coinvolgimento dei cittadini e delle istituzioni, che dovranno essere i protagonisti del cambiamento. I colossi del web hanno attuato nel tempo una strategia molto efficace, che ripaga, attraverso l’erogazione di servizi indispensabili, i fornitori dei dati: questa dovrà essere la filosofia trainante del Portale del reclutamento. I cittadini e le amministrazioni, in cambio dei dati, dovranno avere dei servizi efficienti. E i servizi che si possono erogare attraverso un portale così ricco e ambizioso sono molti: un sistema efficace di incontro tra domanda e offerta di lavoro, procedure fluide di pubblicazione e di iscrizione ai concorsi, sistemi efficaci di notifica, un sistema per la gestione delle prove preselettive, sistemi di monitoraggio per i candidati e per le amministrazioni e sistemi di ricerca semantica adeguati a una selezione moderna del personale, attraverso la definizione precipua del profilo e delle competenze richieste. Su quest’ultimo punto, in particolare, c’è molto da fare perché non si tratta “soltanto” di creare un fascicolo del candidato informatizzato e archiviato in una base dati.
È necessario definire degli standard per la descrizione dei profili e delle competenze che consentano l’armonizzazione del linguaggio e l’identificazione univoca delle professioni, anche allo scopo di raccordare i dati con altre informazioni riguardanti il mercato del lavoro. Se per risolvere il problema del profilo professionale potrebbe essere sufficiente affiancare al profilo contrattuale -e sarebbe una vera rivoluzione in termini di efficienza e di possibilità associate al data driven – la Classificazione delle Professioni ISTAT (peraltro in corso di una revisione migliorativa), per le competenze il grado di complessità aumenta notevolmente. Adottare un modello descrittivo di tutte le competenze esercitabili nella PA, che sia efficace e duraturo nel tempo e, soprattutto, che non sia vincolato a interventi di manutenzione evolutiva costante, è un’operazione rischiosa e complessa. Esistono degli standard internazionali, per esempio l’e-CF (European Competence Framework) per l’ICT, che potrebbero contribuire alla creazione di una banca dati delle competenze pubbliche, ma i ragionamenti da fare non possono esaurirsi in un articolo e meritano riflessioni tecniche molto sofisticate. Oltre queste criticità, nel Decreto reclutamento ci sono alcuni aspetti molto interessanti, che avvicineranno sicuramente la PA a un mercato del lavoro moderno, dinamico e in continua evoluzione. È il caso del protocollo d’intesa tra il Dipartimento per la Funzione Pubblica e la Rete delle professioni tecniche al fine di creare banche dati specifiche dei professionisti iscritti agli Albi o della possibile partnership con Linkedin per dare maggior risalto alle vacancies nella Pubblica amministrazione. Per una volta, c’è da sperare che venga sovvertita la logica del Gattopardo e che cambierà tutto affinché cambi tutto.