In una vita qualsiasi, anche nella peggiore e disgraziata, c’è sempre qualcosa da salvare. Luisa aveva salvato quel posto sulla banchina del porto. Quando aveva tempo, e se non ce l’aveva lo trovava, andava là, si sedeva con le gambe a penzoloni, e stava ore e ore a guardare. Cosa guardava? Guardava i ricordi, fissava lo sguardo verso punti lontani alla ricerca di qualche frammento del passato.
In tutti quegli anni, mentre la vita scorreva annoiata, la gente aveva continuato a passeggiare, i colori del cielo e del mare ad assumere milioni di tonalità diverse e i gozzi di legno a rientrare lentamente in porto, borbottando al ritmo dei pigri motori diesel. Ecco perché l’aveva salvato, quel posto, perché là si sentiva sicura. C’è da chiedersi cosa ci sia di rassicurante in una banchina con la vista su uno specchio d’acqua in cui i colori dell’arcobaleno si vedono soltanto grazie alle chiazze di nafta lasciate dai pescherecci e al posto dei pesci, a nuotare, ci sono solo rifiuti galleggianti che danzano rigurgitanti per via della risacca. Degli odori, poi, è meglio non parlarne: è la direzione del vento a decidere come profumare l’aria. Aria che a volte sa di frittura di pesce, a volte di piscio e alghe, altre volte di gasolio, e solo raramente, quando il mare è mosso, sa di sale. Eppure, in quel posto lei si sentiva protetta. Tutto era familiare e prevedibilmente rassicurante. Perfino le reti dei pescatori stese al sole, che si muovevano come le lenzuola colorate messe ad asciugare fuori dalle finestre.
– Tutti i ricordi sono malinconici – pensava – se sono belli perché sono belli, se sono brutti perché sono brutti.
E in quanto a orrori, Luisa non si era fatta mancare niente. Era stata violentata dal padre, quello stesso padre che amava come un dio, a 12 anni, in una sera come tante. Una di quelle sere in cui, rientrando ubriaco e imbottito di antidepressivi, aveva perso il controllo. Il mattino seguente, lui non ricordava niente e lei si era persa. Quella violenza senza senso, quale violenza ne ha?, era stata come un biglietto gratuito per un viaggio obbligatorio e non richiesto verso l’inferno. Aveva cominciato a drogarsi. Eroina, per l’esattezza, roba pesante, che una ragazza può comprare soltanto prostituendosi. Sono due cose che vanno a braccetto, la droga e la prostituzione. Sono in simbiosi. L’una serve all’altra, l’una si nutre dell’altra. Per chi si buca, non è vero che l’eroina fa male: anzi, serve a stare meno male. Perché non drogarsi significa pensare, e pensare significa soffrire. A morte. Una sofferenza talmente profonda e tagliente che gli altri non possono capire. E quando gli uomini non capiscono, non possono salvarsi e non possono salvare. Niente parole dolci, per lei. Niente amori sognati e principi azzurri. Luisa era una “drogata di merda”. Se l’era sentito dire decine di volte, dopo una scopata veloce in un vicolo buio, da uno dei tanti animali che andavano a cercarla soltanto per appagare una fame bestiale. Mai una carezza, mai un bacio vero. Però ne era uscita. Dopo tanti anni, era riuscita salvarsi. Da sola. E aveva perdonato. tutti, anche suo padre, che ormai era morto dopo una lunga e dolorosa malattia. Andava là anche per questo, per ritrovarlo e per ritrovarsi. Perché non voleva perdere gli unici ricordi belli della sua vita. Si riconosceva tra le bambine, che stringevano le mani ai loro papà. Vedeva nei loro occhi il suo stesso amore, e provava una piccola emozione al ricordo di quando lo aspettava la sera per andare a vedere “i navoni”, quei pescherecci che rientravano dalla pesca e le sembravano enormi.
Il cielo si era fatto nero, quel pomeriggio. C’erano delle nuvole minacciose, trafitte da.qualche raggio di sole che colorava il mare di verde e d’azzurro.
– Non voglio più sforzarmi a cercare un senso alla mia vita. E’ successo, questo è tutto.
Il vento aveva iniziato a soffiare più deciso, si incanalava tra due palazzi antichi, portando con sé il sapore del sale e il profumo del sapone di marsiglia dei panni stesi.
– Tra poco pioverà e io non potrò impedirlo, come non ho potuto impedire niente di tutto quello che mi è capitato.
All’improvviso, un grido. Una bambina aveva lasciato una mano sicura ed era corsa verso il mare.
– Aiuto! E’ caduta in acqua…
Urla disperate.
– Salvatela, vi prego.
Scene isteriche.
Curiosi.
– Non si vede più.
– E’ andata a fondo.
Luisa aveva visto. Se n’era accorta prima di tutti. Le sue braccia esili, che molti anni prima erano servite solo per iniettarsi l’eroina, la tenevano stretta. Ed entrambe risalivano dal buio.