Ho deciso di mettermi a dieta. Oggi è lunedì, e le diete si iniziano sempre quando comincia la settimana. Gli altri giorni non valgono. Una volta ho cominciato il mercoledì e non ha funzionato. Che poi, come al solito, inizio in un giorno preciso e finisco in un giorno qualsiasi. All’improvviso e senza un vero motivo. Come tutte le cose che, nella mia vita, ho iniziato e sono finite senza un perché. Basta niente per romperla, la dieta. Com’è successo l’ultima volta? Ah, sì, una caramella. Una stramaledetta caramella. Avevo voglia di qualcosa di dolce. Carenza d’affetto, dicono. Cosa vuoi che sia una caramella? Ne ho mangiata una al caffè, ma mi aveva lasciato in bocca uno strano sapore. Così, ne ho mangiata un’altra. Poi un cioccolatino. E alla fine della giornata il patto di fedeltà era rotto. Divorzio. Mettersi a dieta, rinunciare al piacere del cibo, è come sposare un uomo per interesse e amarne un altro alla follia: è naturale, poi, ricorrere al tradimento.Io, invece, mio marito non l’ho mai tradito. Nonostante tutto. È per lui che voglio tornare a essere bella. La parola d’ordine è “rinuncia”. È una vita che rinuncio a tutto, mica solo al cibo, quindi non farò troppa fatica. Ho rinunciato al lavoro, ho rinunciato alla mia passione, la danza, ho rinunciato persino a essere donna, per quella gelosia che lo ha sempre ossessionato. Chissà come sarebbe stata, la mia vita, se avessi dato retta alla mia insegnante. Segui le tue passioni, mi diceva. Non smettere mai di ballare, qualsiasi cosa accada. Non bisognerebbe mai essere costretti a scegliere quale passione seguire. Alla fine, io ho scelto di seguire l’amore. Non mi pento, poco importa se sono ingrassata, mi vedo brutta e vecchia e non mi riconosco più allo specchio. Ho deciso di essere una buona moglie e lo sono stata. Non vedo l’ora che torni a casa, per dargli la notizia: tua moglie tornerà a essere bella!
– Hai bevuto ancora?
– Solo un bicchierino…
– Non ci credo! Puzzi di vino…
– Vuoi farmi la predica?
– Lo dico per il tuo bene.
– E che ne sai tu di cosa è bene per me, eh? Che cazzo ne sai?
– Avevo una cosa da dirti…
– Me la dici dopo. Adesso ho fame e non voglio sentire niente. Avrò pure il diritto a rilassarmi, dopo una giornata passata a spaccarmi la schiena per mantenerti, no?
La dieta inizia il lunedì e finisce senza un vero motivo. Non ho più voglia di essere bella, questo è il motivo. Lui mi ama, ne sono certa. Mi ama a modo suo, me l’ha detto tante volte. Gli schiaffi fanno parte del suo modo di amare. Stanotte è successo di nuovo. È stato fortissimo, così forte da farmi perdere i sensi. Non smettere mai di ballare, qualsiasi cosa accada. a questo pensavo, mentre mi picchiava.
Il 137 è un autobus che fa parte dell’arredo urbano. Ormai ha passato abbondantemente la trentina, come gli alberi striminziti che sono stati piantati nella piazzetta del capolinea e non sono mai cresciuti. Tommaso, invece, è cresciuto anche troppo. Ogni giorno che Cristo ha fatto, con la pioggia, la neve o il sole, alle 7:03, li trovi entrambi là, con una meta da raggiungere. Una meta di cui non frega più niente a nessuno dei due. Eppure non è stato sempre così: il 137 collega la periferia al centro e ha avuto un passato glorioso. Si sa come sono i romani: riescono a umanizzare sempre tutto, anche le cose. Er tutta callara, l’avevano soprannominato così. Qualunque fosse l’autista a guidarlo, la prima discesa, per tradizione, andava affrontata a tutta velocità. A tutta callara, per l’esattezza. Il passato di Tommaso, invece, non era stato così glorioso. Nonostante sia nato e cresciuto in quel quartiere, la gente lo riconosce tuttora a malapena e, soprattutto, non gli ha mai dato nessun soprannome. Certe volte è più facile affezionarsi alle cose che non alle persone. Aveva pochi amici, qualche flirt insignificante e si era ampiamente rassegnato a finire i suoi giorni così, consumando il tempo tra la casa, l’ufficio e le faccende da sbrigare. Come se quello fosse tutto. Come se niente fosse tutto. Facendo finta di essere uguale agli altri. Come Er tutta callara, un autobus tra i tanti, ma che almeno aveva un soprannome tutto suo.
Così, una mattina dopo l’altra, ruggine e rughe avevano fatto la loro comparsa. Il passo di Tommaso era diventato meno veloce e Er tutta callara arrancava ogni giorno di più sulla salita che era obbligato a percorrere per tornare al capolinea.
– Hai saputo la notizia? Lo mandano in pensione…
– Stai a scherzà? Er tutta callara nun se tocca!
– Nessuno scherzo: dal primo marzo la linea è soppressa. Hanno aperto la nuova fermata della metro e c’è bisogno di ottimizzare le corse.
Per fare la rivoluzione, basta togliere alla gente le abitudini. E visto che l’uomo riesce ad abituarsi a tutto, alla fine si abitua anche alle rivoluzioni. La prima cosa a cui pensò Tommaso, dopo aver ascoltato quella breve conversazione, fu di aver perso un amico. Un lutto. Da lì a poco avrebbe dovuto stravolgere le sue abitudini. Avrebbe smesso di sbuffare al ritmo dei colpi mancati dal motore a gasolio del 137. Certo, avrebbe preso la metro, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Fu assalito da quella sensazione angosciante di chi ha capito di aver perso la battaglia contro il tempo, dopo aver creduto di poterlo fermare con la gioventù. E allora decise in quell’istante di fermarsi, pianificando con precisione come, dove e quando. Perché su quell’autobus, in un giorno come tanti, tra la gente che saliva e scendeva, lui il tempo era riuscito a fermarlo sulle labbra di Viola. Lei non c’era più, lui non c’era più, entrambi si erano persi. Ma quel bacio era ancora là, a fermare il tempo come tanti anni prima.
Luca Strano è più di un personaggio, è un “anti privativo” letterario. Anti perché è contro a prescindere, privativo perché rappresenta la negazione vivente della ragione. Grazie a lui, la catena evolutiva ha iniziato un percorso di involuzione attraverso un nuovo e inquietante anello: l’Homo stranus. Chi è l’Homo stranus? È un antiprofeta che riesce a sbagliare puntualmente qualsiasi previsione faccia, chiedendosi ogni volta come sia possibile che quella probabilità su un miliardo sia riuscita a trasformare un successo annunciato in un errore perfetto. È un antifilosofo che riesce a mentire spudoratamente a sé stesso e agli altri, contravvenendo alle più elementari regole della logica, pur di darsi ragione. È un antieroe che, dopo anni di insuccessi scolastici, sentimentali e lavorativi, è riuscito a capire finalmente la sua vocazione: complicarsi la vita e, soprattutto, complicare quella degli altri, trasformando una situazione apparentemente normale in una successione logaritmica di fatti catastrofici. È anche un alchimista imbroglione, in grado di mescolare errori e ironia per creare dal nulla problemi inesistenti, a cui fa corrispondere soluzioni sbagliate, per trovarsi inevitabilmente coinvolto in situazioni improbabili e grottesche. Coltiva l’arte dell’imprevisto ed è un idealista ingenuo, in perenne disaccordo con le proprie idee. Se fallire con classe è un lusso che possono permettersi in pochi, lui riesce a fare di più: sa fallire con una scomposta ironia per non sentirsi mai del tutto sconfitto. Ha una cultura bipolare: può parlare dell’equazione di Dirac e dei supplì con la stessa disinvoltura, confondendo abilmente l’una con l’altro. Insomma, l’Homo stranus è un animale incoerentemente coerente, curiosamente curioso e perdutamente perdente, che non si sa bene cosa significhi, ma lascia un alone di mistero attorno alla sua vera vocazione: cercare e trovare la bellezza ovunque, laddove gli altri non riescono a vederla, essere convinto di aver vinto, laddove gli altri si sentono dei perdenti.
Se avevate nostalgia di Luca Strano o eravate in pensiero per lui, potete smettere di piagnucolare e di preoccuparvi: è vivo, lotta con sé stesso ed è tornato più in forma di uno squacquerone scaduto. Furbo come un piccione, scattante come una quaglia, vi condurrà per mano verso un viaggio fantastico che ha come unico obiettivo quello di ritornare prima di partire. Prodigo di consigli come non lo è mai stato, riuscirà a spazientire anche il lettore più saggio con quell’aria spavalda da controllore di treni. Treni che ha spesso sfiorato ma non è mai riuscito a prendere a causa dei suoi ritardi fisici e mentali. Invece di tagliarsi le vene con la limetta per le unghie dei criceti o di ubriacarsi con l’acqua ossigenata e il succo di rape nere per il rimpianto di non essere mai partito, canterà a gola “spietata” la gioia di essere restato. Perché chi resta ha sempre qualcuno da aspettare, qualcuno che prima o poi ritorna da chi lo attende.
L’attesa è finita: Luca Strano e ricicciato. Inaspettato come un brufolo prima di una cena galante, gradito come una macchia di sugo su una camicia bianca prima di un colloquio di lavoro. Destreggiandosi con estrema labilità tra i lassativi e i mattarelli da viaggio, stavolta parlerà d’amore, dimostrando che la coppia è una macchina perfetta costruita incoscientemente per risolvere una montagna di problemi complessi che i single non hanno. Con la lucidità di un ornitorinco, farà un’analisi spietata dei suoi disastri sentimentali, traendo conclusioni affrettate, senza senso e prive di qualsiasi logica. Non si farà mancare quantità spropositate di decisioni sbagliate prese d’impulso e a caso per far fronte alle difficoltà che incontrerà nel suo percorso verso l’autodistruzione sentimentale a cui è geneticamente predisposto. Alcune volte si soffermerà a riflettere seriamente, così seriamente che sarà impossibile non fermarsi a sorridere e a pensare che i sorrisi, quelli veri, nascondono sempre profonde malinconie.
Tra un fenomeno di qualsiasi tipo (fisico, chimico, sociale) e il dato statistico che lo descrive c’è la stessa differenza che passa tra gli ingredienti per fare una pizza e una margherita verace. Il produttore del dato è la pizzeria, il fruitore è l’avventore. In un paese in cui siamo pratici di pizze, non posso fare a meno di osservare che ci sono pizzerie di ottima qualità e pizzerie scarse, come ci sono consumatori che si accontentano di qualsiasi cosa sia masticabile e consumatori esigenti a cui non va mai bene niente. Sia che si tratti di pizzerie sia che si tratti di produttori di dati, i numeri rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente per entrambi. A nessun pizzaiolo verrebbe in mente di ragionare in termini di soli numeri: un conto è dire “ho 100, 70, 3, 1”, un conto è dire “ho 100 grammi di farina, 70 grammi d’acqua, 3 grammi di sale e 1 grammo di lievito. Un dato descrive e quantifica uno o più ingredienti (fenomeni), un numero rappresenta essenzialmente quantità indefinite. Un dato è il risultato di una misura: per essere rilevato ha bisogno di un sistema di misura e di una metodologia. La scelta di questi strumenti determina la sua qualità. Per misurare il peso della farina al pizzaiolo è sufficiente utilizzare una bilancia da cucina e far riferimento a un sistema di unità di misura. Le misure relative all’analisi chimica dello stesso prodotto devono tener conto di una molteplicità di fattori ignoti al pizzaiolo (umidità, morfologia, classificazione del grano, et cetera) e richiedono l’utilizzo di metodologie e strumenti diversi (farinometro, alveografo, et cetera). Da qui nasce una prima evidenza: l’accuratezza nella misurazione di un dato è funzionale al contesto di analisi e al target di riferimento. È inutile usare una bilancia di precisione, tararla, verificare l’umidità, la temperatura della stanza e la quantità di acidità per decidere se una farina è o non è adatta all’impasto per due persone. Anche volendo spingersi oltre, la misura della quantità di glutine (forza) e di qualche altro dettaglio esaurisce completamente le esigenze che può avere un pizzaiolo pignolo. Le stesse misure risulteranno insufficienti per qualsiasi chimico, anche il più superficiale. Che differenza c’è, dunque, tra gli ingredienti e la pizza margherita? La lavorazione, certo, ma non solo. Gli ingredienti vengono lavorati dal pizzaiolo in funzione dei potenziali consumatori e il gestore di una pizzeria ha ben presente lo slogan pubblicitario dei primi del ‘900 conteso tra Marshall Field e Harry Gordon Selfridge: “Il cliente ha sempre ragione”. Adulazione? Chimera? Forse, ma un fondo di verità c’è: se le pizze non sono gradite ai consumatori, gli affari vanno male. Purtroppo lo stesso criterio non si può applicare ai produttori di dati che, essendo perlopiù enti pubblici, possono fare a meno delle opinioni dei consumatori ma non dei loro finanziamenti…
Un pizzaiolo esperto sa bene che le sue misure devono essere corredate dall’unità di misura e dall’errore, perché, è bene sottolinearlo, ogni misura, anche la più precisa, introduce un errore dovuto alle condizioni, agli strumenti e all’applicazione della metodologia. In particolare, l’equilibrio tra la quantità di lievito, l’idratazione, la temperatura e la durata della lievitazione sono le misure che determinano il successo o l’insuccesso di un impasto. Bastano un grammo di lievito in più o un grado cetigrado di differenza nella temperatura per cambiare la consistenza dell’impasto: avere una bilancia che introduce l’errore di 5 grammi o un termometro che introduce un errore strumentale di 2 gradi centigradi porterebbe a un insuccesso sicuro.
Il dato statistico, che intrinsecamente è ricco di errori e imprecisioni dovuti a numerosi fattori (il campione, la tecnica d’indagine, la pulizia dell’archivio, et cetera), è uno strumento che dovrebbe descrivere un fenomeno e aiutarne la comprensione, oltre a guidare i decisori politici; per questo motivo deve essere mangiabile, pardon, leggibile in modo chiaro e la leggibilità non è necessariamente legata alla precisione, ma è sicuramente subordinata al target di riferimento e al fenomeno specifico.
Supponiamo di voler comunicare la differenza di dimensioni tra la pizzetta (popolazione italiana) e la pizza in teglia (popolazione cinese): in questo caso, per descrivere il fenomeno, è sufficiente ricorrere all’ordine di grandezza (10^6 e 10^9), evidenziando l’unità di misura (es: numero di cittadini residenti). Un lettore non avrà bisogno di altre informazioni per capire il dato e il contesto di riferimento. Diverso è il caso delle pizze a lievitazione naturale impastate a mano con una miscela di farine diverse o di un dato riguardante gli incidenti stradali avvenuti tra un motociclo e un’autovettura in prossimità di un incrocio nei comuni al di sotto dei 20.000 abitanti.
In altre parole, è possibile trovare consumatori a cui vada bene un impasto casuale di ingredienti e consumatori che abbiano bisogno del servizio a domicilio di una pizza in teglia alla romana con bresaola e rucola.
In ogni caso, pizzaiolo o ricercatore, pizzeria o produttore di dati, bisogna tener conto di numerosi aspetti:
gli ingredienti
la metodologia e gli strumenti adeguati alla misura e alla lavorazione degli ingredienti
la completezza e l’accuratezza delle misure
la lavorazione e l’abilità del pizzaiolo
la qualità del prodotto finale
il marketing
il target di riferimento
E’ noto, o dovrebbe esserlo, che la diffusione dei dati è complessa almeno quanto la diffusione delle pizze. Oltretutto, quando si parla di pizza ognuno si sente autorizzato a esprimere sentenze e giudizi sulla base di informazioni superficiali acquisite in diversi ambienti, impressioni e gusti personali che di rigore scientifico hanno ben poco. Il risultato di questo approccio è abbastanza evidente: molte pizzerie producono pizze disgustose, descritte con menù fiabeschi e con la dicitura “senza olio di palma” nello stesso modo in cui enti di ricerca autorevoli pubblicano dati e infografiche incomprensibili, parlando di open data per sentirsi alla moda e usando la parola “big data” all’interno di pubblicazioni importanti come intercalare al posto di “cioè”.
La vera pizzeria, per intenderci L’Antica Pizzeria Michele a Napoli, ha ben chiare le strategie di diffusione delle pizze e conosce le famose regole anglosassoni delle 5 W (Who?, What?, When?, Where?, Why? ), ovvero i punti fondamentali che devono essere contenuti in un articolo giornalistico per rispondere alle risposte di un lettore. Poiché ogni tanto sento il bisogno di sfoggiare del sano orgoglio nazionalistico, mi sento di ricordare che queste regole di anglosassone hanno ben poco: già Boezio e piu tardi San Tommaso d’Aquino nella celebre Summa Theologiae avevano utilizzato le famose “quis, quid, cur, quomodo, ubi, quando, quibus auxiliis” rispettivamente per l’arte dell’accusa e della difesa e per definire la pena più appropriata rispetto a un peccato commesso. Come dire: Hai rubato? Per quantificare la pena correttamente devo rispondere a queste domande:
chi ha commesso il furto (quis),
che cosa ha rubato (quid),
quando è avvenuto il furto (quando),
dove ha rubato (ubi),
perché ha rubato (cur)
La vera pizzeria, però, sa bene che Boezio è andato ben oltre le 5 W, chiedendosi anche:
quanto ha rubato, (quantum)
in che modo (quomodo)
con quali mezzi (quibus auxiliis)
Poiché i fruitori dei dati seguono pedissequamente la regola di Domenico Savio (La morte ma non il peccato) e non penserebbero mai di prendersi con ogni mezzo, scraping incluso, ciò che pagano a colpi di f24, è giusto che l’antica pizzeria adotti tutte le misure per non indurre i golosi di pizza in tentazione. Chi sono i fruitori?: Il pizzaiolo esperto sa che il successo delle sue pizze deve tener conto degli utilizzatori, possibilmente mettendo da parte i timori che qualcuno riesca a rubargli la ricetta e a utilizzare gli ingredienti meglio di lui. Farà male a qualche carriera, ma farà bene al paese. La domanda da porsi è: chi mangerà le mie pizze? C’è chi è abituato a mangiare l’Istogramma alla capricciosa, chi la Tabella a doppia entrata con prosciutto e chi l’API con funghi e provola…
Cosa vogliono i fruitori delle pizze?: C’è una grossa differenza tra chi preferisce la pizza in teglia (infografica), chi la focaccia alla genovese (tabella) e chi la pizza napoletana (API). Il pizzaiolo esperto sa benissimo che per aumentare la clientela deve differenziare la produzione, mantenendo un elevato standard qualitativo.
Quando si mangiano le pizze?: Generalmente la sera, quindi è inutile cuocerle il giorno prima perché all’ora di cena del giorno dopo non le vorrà più nessuno. Le pizze scadute sono indigeste.
Dove si trovano le pizze migliori?: Non esiste la pizza migliore, esiste la pizza che si adatta meglio alle diverse esigenze. Un bravo pizzaiolo conosce le esigenze dei clienti e sforna webservices con la stessa facilità di una focaccia.
Come si cucinano le pizze?: Bisogna conoscere gli ingredienti, le tecniche e i gusti dei clienti. Una pizza senza metadati, ad esempio, non ha sapore. Una pizza senza unità di misura causa colite e nausea. D’altronde, a nessuno verrebbe in mente di assumere un pizzaiolo che sappia cucinare solo kebab!
Perchè si mangiano le pizze? Per fame, certo. Per piacere, anche. Per tradizione. Per curiosità. Per provare. Perché mia nonna le faceva come Ciro. Qualsiasi motivo spinga una persona a mangiare la pizza è sempre un buon motivo.
Quanta pizza mangiano i clienti? La pizza non basta mai, si sa. Per questo in molte pizzeria si paga una quota fissa (il famoso f24 citato poc’anzi) e si mangia pizza a volontà!
In che modo si mangia la pizza? C’è chi la mangia machine-to-machine e chi su un foglio di carta. Il pizzettaio moderno non è razzista e non si scandalizza per una nuova richiesta: sa che una richiesta strana oggi potrebbe diventare standard domani.
Con quali mezzi si mangiano le pizze? Gli snob usano le posate d’argento, gli intenditori la piegano a portafogli e la mangiano con le mani, i più pratici usano dei framework javascript, i meno pratici usano i fogli excel. Il pizzaiolo navigato conosce i suoi clienti, a volte storce il naso, ma alla fine accontenta tutti.
Ilarità a parte, il parallelismo tra i dati e le pizze non è poi così stravagante. Chi si occupa di dati, e lo fa con passione, sa bene che il mondo va a una velocità che i produttori (istituzioni in primis) non riescono a comprendere. Nel corso della mia carriera mi sono imbattuto in ogni tipo di aberrazione statistica: grafici senza unità di misura, dati senza metadati, cubi multidimensionali senza dimensioni, cartografi senza mappe, mappe senza dati, indicatori calcolati senza metodologie robuste, indagini condotte senza un fine preciso, guerre di potere tra ricercatori rivali… alla fine sono arrivato alla stessa conclusione a cui giunse Stefano Rosso molti anni fa, quando cantava: “Ho visto gente senza tetto, polli senza petto, ministri seza portafoglio mai…Ho visto un angelo in mutande e regiseno vuoti, spiagge senza vetri mai….E cari amici adesso lo confesso se potessi tutto rifarei.. E non sarò un poeta ma anche se la vita fosse peggio non mi stancherei.”. Tutto sommato, lavorare coi dati mi diverte e anche se fosse peggio non mi stancherei.
An innovative webGIS system for the dissemination and the visualization of official statistics and geospatial analysis Scarica il paper su Statview
Introduction
Statistical information is essential for decision makers, politicians, researchers, journalists and the general public. They need relevant, reliable and even more timely data for their work. National Statistical Offices (NSOs) play a key role in developing, producing and disseminating official data in compliance with the United Nations Fundamental Principles of Official Statistics and the European Statistics Code of Practice.
As recognized by the ESS Vision 2020, in order to improve the quality of official statistics, it is important to complement existing data derived from traditional surveys or administrative sources, with newer sources, including geospatial and where possible big data, as well as emphasize the relevance and the opportunity of sharing tools within the ESS and the usefulness of proper dissemination channels that meet the needs of
as many people as possible. Solicited by ESS, NSOs have started exploring new technology-driven areas when dealing with very large amount of data and developing suitable tools for the integration of different types of information and its dissemination, i.e. platforms for data storage, analysis and visualization.
Methods / Problem statement
At present, one challenge for statistical offices is the digital transformation going on world-wide. The ever increasing availability of data, facilitated by advances in information technology and the Internet, requires the implementation of methods and tools for the proper assessment, interpretation and dissemination of the same data. A particularly interesting way to integrate different sets of data is to place them in a geospatial dimension; in this way, the complexity of phenomena of interest is still there but their analysis can be facilitated, thus
enabling a more accurate and timely decision-making and an early warning is made more at hand.
In order to produce simple density maps or dashboard containing tables and graphs, many commercial and open source tools have been developed. However, these tools do not often take advantage of the potential of geo-referenced data, simply providing users with little more than infographics.
Results / Proposed solution StatVIEW (www.statview.eu) is an innovative tool which can conveniently support whatever analysis focused on one or more subject areas covered by official statistics (social, demographic, economic, environmental, etc.). It is a user-friendly webGIS system, developed by making use of open source technologies, which allows users to gather, link, standardize and visualize statistical data in different
formats, including plotter/density maps, heatmaps, dynamic graphs and bubble charts. Like those on population, health, education, labour, environment, national accounts and social security and welfare produced and provided by the Italian National Institute of Statistics currently visualized through StatVIEW, data produced by NSOs, research institutes and government agencies, available according to different
geographical units, can be disseminated through the web using web-services complying with the json-STAT standard or other data exchange standards (i.e., SDMX, OData); also data other than official statistics can easily enter the webGIS system.
The release of geospatial data in the form of Web Map Service (WMS) and Web Features Service (WFS) is managed by Geoserver, which provides data on territorial boundaries and points of interest as open multisource data. StatVIEW may be seen as a json-STAT hub that can be used as a web-service to further disseminate the data in a machine-readable format.
Conclusions
StatVIEW is a suitable and easy tool that helps to best analyze the many phenomena for which statistical data exist as well as to quickly monitor the evolution of different phenomena at the same time. One its significant feature is represented by the opportunity of having constantly updated statistical information, given the fact that the webGIS system does not imply the loading and tranferring of data, while, instead, it
provides a dynamic link. Overall, this open source tool can be conveniently shared among NSOs, while it is extensible to any institution that performs data dissemination through API REST. Furthermore, a webGIS system such as StatVIEW is along the lines of ESS Vision 2020, in the sense that it helps official statistics to engage users proactively and to meet their demands in a cost-effective and responsive manner
A tool for the automatic collection of administrative data to produce official statisticsScarica il paper
Introduction
The need for relevant, reliable and even more timely statistical data to support decision making process and scientific research has contributed to a growing demand for new statistical information to best analyze and rule, at various levels, the deep social, economic and environmental changes occurred at regional and global scale. Off
icial statistics, characterized by the highest quality possible inasmuch as they are produced in compliance with the United Nations Fundamental Principles of Official Statistics and the European Statistics Code of Practice, are best suited to meet this need.
It is widely recognized the increasing role that administrative data are playing in the production of more timely, more disaggregated statistics at higher frequencies than traditional survey data. They offer further information on a wide range of issues, including some which cannot be answered cost-effectively from survey data. The efficient use of all available information to produce timely, accurate and high quality statistics is a challenge for National Statistical Offices (NSOs), which are even more committed to developing methods and suitable tools for the production, collection, standardization and integration of different types of statistical data. Bringing together information from different sources makes it possible to fill information gaps or provide insights which cannot be gleaned from the unlinked data and to improve the knowledge and the understanding about specific phenomena
Methods / Problem statement
The production of statistics based on administrative data from different sources is closely related to the methods and techniques of collection and integration of archives. Problems related to automatic data collection are numerous as they involve the production, the harmonization and the standardization of output
and information flows, in order to make them usable by web applications or be stored in one database to be connected (record linkage), processed by statistical software and/or visualized within ad hoc created web platforms.
Results / Proposed solution
DataSTAT Hub is a tool that takes advantage of the potential offered by HTTP 2.0 through which it is possible to create REST microservices and exploit the methods offered by the CRUD architecture (Create,Read, Update, Delete). DataSTAT HUB can be used through two different architectures: star or centralized.
The former implies that each microservice (hub node) is automatically populated by data providing subject through a set of querystrings (Create, Update, Delete) and can be accessed in reading (GET) by the central institution that performs data collection. The latter architecture implies the automatic population of the central hub that interfaces with the various institutions through the just mentioned querystrings (Create, Update, Delete) that allow users to store data and metadata in a NoSQL database (Cassandra) using the key-value data model for their representation. DataSTAT Hub allows users to standardize the outputs in various formats (XML, JSON, CSV) and models
(JSON-STAT, SDMX, DDI).
Conclusions
DataSTAT Hub is a suitable and easy tool for administrative data collection, standardization and integration: it does not require knowledge of the internal data base since the update is performed through the HTTP querystrings and can be used with any programming language. By allowing us to overcome some critical issues related to the use of administrative data, including those connected with privacy and security, a tool such as DataSTAT Hub is time saving and cost- effective, while providing high quality information. It is a user-friendly tool developed by making use of open source technologies (PHP, MySQL, Cassandra) and can be conveniently shared among NSOs, while it is extensible to any institution interested in the automatic collection and integration of administrative data.
Luca Strano torna a far parlare di sé. Dopo lo strepitoso successo della prima raccolta di racconti (ben 5 copie vendute, 4 delle quali acquistate dal protagonista), eccolo di nuovo alle prese con ciò che gli riesce meglio: creare dal nulla problemi inesistenti, per il solo gusto di risolverli a colpi di soluzioni sbagliate e trovarsi inevitabilmente coinvolto in situazioni improbabili e grottesche. Si vanta di essere riuscito a trasformare il suo talento naturale in un mestiere: fa “l’errorista” di professione e il pubblicitario per diletto. È un artista dell’imprevisto e un fine decisionista: quando si tratta di fare le scelte sbagliate al momento giusto o le scelte giuste al momento sbagliato non si tira indietro. Madre natura lo ha dotato di una filosofica ironia: l’unica arma che possiede per ridere di sé, delle convenzioni, dei fallimenti e di chi si prende troppo sul serio. Può parlare di fisica e di supplì con la stessa disinvoltura, confondendo abilmente l’una con l’altro. È l’uomo che ogni donna non vorrebbe mai avere a fianco, a parte Daniela.